“Perché Toronto, perché Ontario?”. La domanda è più che mai lecita; l’attesa è d’obbligo. Perché il Governo italiano sta riflettendo sull’eventuale ratifica dell’accordo Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) tra Canada e Unione Europea. Il primo un Paese di 36 milioni di abitanti; la seconda di più di 500 milioni: la vastità di questo mercato non può non portare a un aumento vertiginoso delle opportunità imprenditoriali.
SUL CETA ANDIAMO AVANTI: LO CHIEDONO LE PMI
Con una web-conference che si è tenuta oggi, nella sede vigevanese di Confartigianato Imprese Lomellina, alla presenza di una platea in grado di raccontare il Canada ma, soprattutto, di stimolare i presenti con testimonianze dirette – anche di piccoli e medi imprenditori – che in Canada ci sono andati, ci sono restati e in Italia non ci tornano. Non è una questione di campanilismo ma di occasioni che, in un mondo sempre più globalizzato, le aziende non possono perdere.
IL GOVERNO RIFLETTA, MA NON OSTACOLI
Così, mentre i ministri dello Sviluppo Economico Luigi Di Mario e delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio si prendono il tempo per riflettere, nella speranza che la riflessione non faccia da ostacolo a tutti quegli imprenditori interessati a scoprire nuove vie di business, Confartigianato Imprese Lomellina non accusa alcun arresto. E procede con alcuni approfondimenti mirati su settori trainanti, commercio, export italiano, insediamenti produttivi tricolori in Ontario e a Toronto. Collaborazioni ad ampio raggio con enti e istituzioni italo-canadesi.
AUMENTO DELLE ESPORTAZIONI E DELL’INTERESSE VERSO IL CANADA
E proprio sul Ceta interviene il direttore esecutivo della Camera di Commercio Italiana dell’Ontario, Corrado Paina: «Si tratta di un accordo il cui sfogo è quello di mettere insieme il Canada con l’intera Europa. Al momento il governo italiano sta probabilmente riflettendo sull’attendibilità del Ceta, ma da parte nostra stiamo registrando un aumento delle esportazioni italiane nell’agroalimentare verso il Canada e un grande momento di interesse delle aziende della Penisola verso il nostro». Insomma, da un lato le riflessioni del governo ma dall’altro anche le richieste, corrette, di quelle imprese che il Canada lo stanno mappando proprio perché nuovo mercato di riferimento non solo per chi opera nel food ma anche per chi lavora nel settore dei macchinari, delle costruzioni, dei tessuti, dell’automotive. Ma anche della digitalizzazione, settore non solo in costante crescita ma anche capace, in questi ultimi anni, di trasformarsi in uno fra i fiori all’occhiello dell’imprenditoria canadese.
UN PAESE SOLIDO E UN ACCORDO VANTAGGIOSO
Dunque, sul Ceta si va avanti. Perché il Canada è un Paese solido con un Pil di 1, 570 miliardi di dollari e un reddito pro capite pari a 43.322 dollari (tradotto in euro, 36,877); il settore primario contribuisce al Pil per circa il 9%, quello secondario per il 205 e il terziario per circa il 71%. E proprio l’Italia si è confermata ottavo Paese fornitore del mercato canadese con un interscambio commerciale di circa 9,5 miliardi di dollari canadesi ed esportazioni per 7,46 miliardi.
Perché quando si parla di Ceta, si parla anche di vantaggi. Per le imprese: riduzione del 98% dei dazi reciproci, possibilità di partecipare agli appalti pubblici in Canada, le competenze dei diversi Governi (provinciali e federale) rimarranno le stesse, gli standard di sicurezza e salute europei a tutela di cittadini e imprese non muteranno, la liberalizzazione degli scambi – con l’accordo Canada e Ue – garantirà anche un controllo verso forme, più o meno selvagge, di globalizzazione. E anche l’Italian Sounding, i nomi storpiati di famosi prodotti Made in Italy che italiani non sono, sarà tenuta sotto debita osservazione con misure di contrasto.