di Tomaso Bassani
Da qualche anno il colosso Eni ha scelto di rivoluzionare il proprio modo di raccontarsi facendo partire una nuova esperienza di comunicazione aziendale che è diventata un po’ il faro di tutte quelle realtà, grandi o piccole, che scelgono di investire sullcomunicazione.
Eni è una supermajor globale del settore Oil & Gas con 33mila dipendenti e attività in 73 paesi del mondo, ed era evidente che i suoi passi anche in questo ambito non sarebbero passati inosservati. Ma l’operazione che è stata fatta ha aperto riflessioni a più ampio raggio che il semplice giro di manager ed imprenditori. Innanzitutto, perché alla direzione della comunicazione esterna non ha scelto un tipico profilo di comunicatore d’impresa ma un giornalista esperto e navigato.
È Marco Bardazzi, con una carriera trentennale nel giornalismo, dieci anni negli Stati Uniti come corrispondente dell’agenzia Ansa, caporedattore centrale e digital editor alla Stampa di Torinonel momento in cui ha deciso di accettare l’incarico nel 2015. A tre anni da allora e sulla scorta di moltissime attività Bardazzi traccia un bilancio di quello che hanno fatto e che, sostanzialmente, sta tutto racchiuso nella parola storytelling.
«Quello che abbiamo fatto in Eni parte dalla convinzione che tutte le aziende abbiano una storia, uomini, prodotti e attività che meritano di essere raccontate. Ed è proprio quello che abbiamo fatto: abbiamo raccontato questa immensa azienda attraverso le storie delle persone che ci lavorano, le storie delle sue scoperte, dei luoghi dove opera. Oggi per un’azienda raccontare queste storie è diventato possibile ed è anche l’opportunità migliore che abbiamo per comunicare chi siamo».
Cosa fa nel concreto la comunicazione di Eni?
In generale perseguiamo tutte le strategia tipiche della comunicazione d’azienda ma negli ultimi anni stiamo lavorando molto sulla content strategy della quale lo storytelling è una parte molto importante. E per realizzare questo racconto ci occupiamo dell’elaborazione di infografiche, di audio podcast, di video, di utilizzo dei social network, di speciali web: oggi le aziende hanno una possibilità sterminata di distribuire il proprio racconto in prima persona grazie alla loro audience e alla community che le circonda.
Quale la sfida principale delle imprese che scelgono di raccontarsi?
Scegliendo di sviluppare una content strategy si entra in un mondo nel quale il vero problema diventa l’attrazione dell’attenzione. Oggi le persone sono bombardate da miliardi di contenuti, a tutte le ore e in tutti i luoghi. L’unico modo per riuscire a superare questo assordante rumore di fondo è quello produrre contenuti con qualità. Non bisogna puntare solo puntare sulla viralità del proprio messaggio ma sulla qualità, costruire un’immagine di sé che sia credibile e autorevole. Se Eni dicesse di essere una realtà esperta di moda trasmettendo un messaggio in questo senso sarebbe davvero poco credibile. Invece, quando Eni dice di avere una storia di 60 anni dal punto di vista della ricerca e distribuzione di energia ci teniamo ad essere percepiti come un attore veramente competente nel mondo dell’energia. Lo storytelling si inserisce in questo contesto più ampio:
creare contenuti di qualità, che possano essere “data driven” con maggiore consapevolezza del pubblico a cui ci rivolgiamo. Per questo noi siamo anche molto sereni nel produrre contenuti più lenti, approfonditi e di qualità.
Eni è un colosso e in quanto tale dispone di esperienze e risorse. Per le piccole e medie imprese, invece, possono valere questi discorsi?
Sono convinto che tutte le aziende abbiano delle storie da raccontare. Non tutte hanno l’esigenza di farlo ma chi lo trova importante per il proprio modo di operare oggi ha davvero la possibilità di farlo anche con risorse molto contenute. Noi in Eni abbiamo una struttura di media production interna perché la nostra struttura lo permette ma oggi per le Pmi non occorre avere tutte queste risorse in casa. Anche noi ad esempio ci appoggiamo ai talenti che ci sono fuori. Abbiamo realizzato un racconto bellissimo sul più grande giacimento di gas naturale del mediterraneo e abbiamo realizzato un video con una piccola realtà di videomaker del Mozambico. In questo caso il video è stato pensato al nostro interno e noi abbiamo deciso cosa fare dopo di che il video lo abbiamo fatto realizzare a loro. Abbiamo raccontato la nostra storia attraverso dei veri talenti africani. Questo per dire che non è indispensabile avere risorse in casa, le cose cambiano così velocemente che difficilmente si può avere tutto al proprio interno. Meglio avere le persone chiave nel proprio team e poi cercare al di fuori di realizzare i progetti.
Quindi quale consiglio per un imprenditore di una Pmi?
Raccontarsi fa sempre bene ed è importante anche per la piccola e media impresa. Ci sono storie di persone, prodotti, servizi, passioni. L’importante è entrare nell’ottica di raccontarsi in prima persona. Di condividere. Di dialogare e aprirsi. Non è detto che sia necessario e utile per tutte le aziende ma oggi è sicuramente alla portata di tutti, certo meglio se con l’aiuto della figura di un comunicatore per impostare una strategia.