Là dove l’acqua scorreva, oggi si trovano terreni asciutti, come in quelle terre remote del pianeta che molti hanno visto solamente in fotografia. Eppure, oggi, si trova tutto a pochi chilometri da noi, alle volte addirittura sotto casa. La terra ha sete, e il timore è che possa non reggere più l’urto di una siccità che sta mettendo in ginocchio il comparto agricolo e tutto ciò che attorno a questo ruota.
Ci troviamo nel cuore della Lomellina e di una provincia di Pavia che con i suoi 80mila ettari è la provincia maggiormente votata alla risicoltura a livello europeo, seguita da Vercelli e Novara. Qui centinaia di aziende vivono quotidianamente quello che non si erra a definire un vero dramma. La stampa nazionale, nel raccontare questa fase storica, si è spinta a parlare di “apocalisse”, non andando troppo distante dalla realtà.
A raccontare il momento complesso è Luigi Ferraris, titolare della Cascina Alberona, azienda con sede a Mortara: «Inevitabilmente la situazione andrà a influire sia sull’export che sul mercato interno. Ci sarà, ormai posso affermarlo con certezza, un calo di produzione importante. Attualmente nella mia azienda, tra mais e riso, siamo attorno a un 20% di superficie abbandonata». La Cascina Alberona opera su 118 ettari, di cui 25 a mais e ben 90 proprio a riso: «Produciamo tutti i risi da consumo interno, dal Baldo classico al Carnaroli classico, passando per Sant’Andrea classico, Arborio e altri ancora. Si tratta di riso utilizzato in Italia, e anche se non viene quasi mai detto, non si può reperire all’estero, perché sono tipologie che si vendono principalmente nel nostro Paese».
In un contesto senza dubbio molto complesso, si aggiungono anche tensioni e criticità con il vicino Piemonte. «Il momento è difficile – prosegue Ferraris – abbiamo una riduzione dell’acqua dell’85%, il che vuol dire che su 100 litri che mi spetterebbero, ne arrivano solamente 15. Con questa quota non si riesce a fare nulla». Sulla produzione: «Oggi il riso viene quindi bagnato ogni 20-25 giorni. E le cose stanno peggiorando, quindi potremmo non farcela più. A mio parere nella mia azienda avremo, se andrà bene, il 50% di produzione in meno».
Un dramma che va chiaramente a influenzare un’intera filiera che sul territorio rappresenta un’eccellenza: «E non dobbiamo dimenticare che attualmente abbiamo già sostenuto il 95% delle spese relative al riso e il 100% sul mais. I costi quindi ci sono comunque, i fornitori vanno pagati». Senza dimenticare la questione riguardante l’aggravio dei costi: «I concimi sono aumentati del 150%, il costo del gasolio agricolo è raddoppiato, l’energia elettrica è cresciuta di oltre il 100%. Tutto questo – conclude l’imprenditore agricolo – non fa altro che metterci ulteriormente in difficoltà». Il domani, quindi, resta sospeso, tra timori e certezze di un’emergenza che continua, forte, a colpire.