L’apparecchiatura utilizzata per tecnica del microneedling non è compresa nell’elenco delle attrezzature ad uso estetico. L’indicazione arriva da Confartigianato Imprese in riferimento alla tecnica erroneamente ritenuta applicabile da parte delle estetiste, anche in seguito a un confronto con la Fapib (Associazione nazionale produttori e fornitori di tecnologie per la bellezza e il benessere).
La tecnica del microneedling si è molto diffusa ultimamente: si tratta di un trattamento mirato a ridurre o eliminare i tipici inestetismi del viso attraverso delle microlesioni sulle zone da trattare con lo scopo di attivare la produzione di collagene ed elastina, favorendo la rigenerazione dei tessuti.
L’apparecchiatura utilizzata consiste in una sorta di manipolo simile a una penna che attraverso un cinematismo fa muovere un insieme di sottili aghi in modo che possano penetrare nell’epidermide sino al derma, regolando la profondità di penetrazione tra 0,5 e 2,5 mm.
Da verifica, tale attrezzatura non è compresa nell’elenco delle apparecchiature ad uso estetico, né può essere presa a riferimento la scheda n.23 (Dermografo per micropigmentazione). La scheda fissa infatti in maniera inequivocabile la funzione d’uso dell’apparecchiatura, così come i prodotti che possono e debbono essere utilizzati facendo sempre e solo riferimento a pigmenti, escludendo pertanto la possibilità di veicolare/favorendone la penetrazione di altri prodotti cosmetici non compresi in quelli previsti in quanto riportato nel paragrafo “cautele d’uso, modalità”.
Stessa indicazione vale per la Hyaluron Pen, poiché non è reperibile alcun riferimento tecnologico a questo o ad altri dispositivi simili nelle schede allegate al decreto ministeriale 206/2015.
Quanto al microblading, pur avendo tale trattamento come scopo finale un’azione di “trucco semipermanente”, equivalente a quanto eseguito con il dermografo, non sono riscontrabili nella scheda 23 elementi che riconducano a tale tecnica, per quanto riguarda la tipologia di apparecchiatura e/o tecnologia.
Un ultimo riferimento appare opportuno relativamente ad apparecchiature che negli ultimi mesi sono state proposte sia da aziende italiane sia da importatori di macchine, che basano il loro funzionamento sui campi elettromagnetici focalizzati ad alta intensità aventi frequenze molto basse e che hanno lo scopo di generare degli stimoli di contrazione involontaria dei muscoli sottostanti ai manipoli generatori di suddetti campi, simili a quelli generati dagli elettrostimolatori muscolari che si basano sul principio della elettrostimolazione (v. scheda 19 DM 206/2015).
Oltre alle posizioni espresse da alcune aziende sanitarie, anche i Nas – su indicazione del Ministero della Sanità – hanno posto sotto sequestro alcune apparecchiature perché non ritenute conformi alla scheda 19 del DM e pericolose per l’intensità troppo elevata del campo elettromagnetico. In caso di utilizzo di elettrostimolatori è pertanto opportuno verificarne con attenzione la rispondenza ai parametri della scheda.