Export, manifattura e occupazione in calo. Cambiare e fare sistema per rilanciare l’economia

L’export, punto di forza del sistema manifatturiero, registra un crollo a doppia cifra (-10,5%) nei primi nove mesi del 2021 rispetto allo stesso periodo pre-pandemia, facendo della provincia di Pavia il fanalino di coda della Lombardia dove, al contrario, la tendenza è al recupero (+5,2%).

Va addirittura peggio ai settori a forte incidenza di piccole e medie imprese: moda, legno, arredo, metalli, alimentari e altra manifattura affondano sotto il peso di una flessione del 31,2% (dinamica opposta al +2,1% della media Lombardia).

Tra i prodotti in grave sofferenza segnaliamo gli articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili (-60,3%), il coke e i prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (-43,0%), i prodotti tessili (-20,7%), i computer e i prodotti di elettronica e ottica; gli apparecchi elettromedicali, di misurazione e gli orologi (-19,3%), gli autoveicoli, i rimorchi e i semirimorchi (-18,7%), i prodotti della metallurgia (-14,7%) e le apparecchiature elettriche (-12,8%).

«Qualcosa non si muove nel modo corretto – commenta il presidente di Confartigianato Lomellina, Luigi Grechi – È evidente che siamo in presenza di una recessione che colpisce mercati da sempre fondamentali per il territorio, il cui pesantissimo rallentamento rischia di impoverire l’intero sistema economico». Come reagire? «Dobbiamo ascoltare i mercati, raccoglierne le richieste e comprendere che negli ultimi due anni hanno affrontato cambiamenti radicali, ai quali le nostre imprese devono adattarsi con la massima sollecitudine, riorganizzando i processi e i prodotti, creando legami più stretti con i fornitori e con i clienti e avviando processi di internazionalizzazione più professionali, guidati da esperti, supportati dalla conoscenza dei Paesi destinatari dell’azione commerciale, e dalla capacità di negoziare».

Una sorta di rivoluzione copernicana che impone tempi rapidi convinzione, formazione e supporto «per restituire ossigeno alle aziende e benessere al territorio» è l’analisi di Grechi, che non nasconde la preoccupazione per il cucchiaio di legno su scala regionale. «È un indicatore chiaro: qualcosa, nelle nostre produzioni, nell’approccio alla clientela nei due anni trascorsi senza fiere, e nello stesso sistema di internazionalizzazione non funziona più. Parte della responsabilità è probabilmente delle imprese, ma occorre che anche il territorio faccia la sua parte e torni ad essere attrattivo per i capitali e nel sostegno alle aziende, con azioni di promozione del made in Lomellina e made in Pavia».

LE IMPRESE CALANO

In chiaroscuro anche tutti gli altri indicatori congiunturali, a cominciare dal numero di imprese presenti in provincia, in crescita rispetto all’annus horribilis del Covid, ma in flessione rispetto al 2019. Segno, anche qui, che una boccata d’ossigeno è arrivata, ma non è stata sufficiente. Vediamo i numeri: il numero di start up registrate nel 2021 non supera quello del 2019, -344, pari a una flessione del 12,5%, ben più rilevante di quella regionale (-1,9%). A livello settoriale si osserva che il numero di start up, nel 2021 rispetto al 2019, registra una forte riduzione nel manifatturiero (-37,2%, maggiore del 20,8% perduto a livello regionale) e nei servizi (-13,4% contro il +0,7% media regionale) mentre cresce nelle costruzioni (+6,2%) ma con un traino dei bonus edilizi meno impattante rispetto al resto della regione (+16,5%). Per tutte queste ragioni, nella classifica con le altre province lombarde Pavia figura tra quelle che hanno registrato, rispetto al 2019, riduzioni più importanti (e preoccupanti) del numero di iscrizioni nel manifatturiero e nei servizi.

«Non mi sfugge – registra il segretario generale, Roberto Gallonetto – la grave sofferenza del settore manifatturiero, il cui tessuto economico, senza nuovi ingressi, rischia di impoverirsi fino ad implodere». Una eventualità che è necessario contrastare con ogni strumento, «supportando l’autoimprenditorialità, anche con opportuni interventi di defiscalizzazione, sostenendo la costituzione di Its in grado di generare professionalità altamente qualificati e rafforzando l’attrattività territoriale: nessuno pensi che il ritardo nella infrastrutturazione, di cui paga un prezzo altissimo la Lomellina, non si riverberi in modo prepotente sul tessuto economico…».

Insomma, è bene che il territorio – e tutte le sue componenti – si muovano per agganciare le altre province, mettendo a disposizione delle aziende servizi efficienti, infrastrutture per il trasporto rapide e competitive e sistemi fiscali incentivanti. «Altrimenti – è la considerazione del presidente Grechi – si rischia di andare incontro a una progressiva desertificazione produttiva».

STARTUP IN SOFFERENZA

Anche qui affidiamoci ai numeri: in provincia di Pavia le imprese registrate nel 2021 sono state 46.513, 68 in meno (-0,1%) rispetto alle 46.581 imprese presenti nell’anno precrisi (2019) e 164 in più (+0,4%) delle 46.349 imprese registrate al 2020. Il 35,5% di queste imprese si collocano nell’area delle Lomellina (16.503 unità): sono 11 in meno rispetto al 2019 ma 103 in più rispetto al 2020. Numeri da prendere con le pinze, senza indugiare troppo nell’ottimismo: nel 2021, infatti, restano nettamente sotto la media degli ultimi anni le cancellazioni, probabilmente per effetto delle misure di sostegno messe in atto dal Governo. È pertanto ragionevole stimare l’esistenza di una “platea nascosta” di imprese che in circostanze diverse avrebbero già cessato l’attività.

Altro elemento negativo sul quale occorre intervenire, attraverso percorsi formativi sempre più mirati, è il mismatch occupazionale, con domanda e offerta che non si incontrano e competenze fondamentali (legate perlopiù alla digitalizzazione e alla transizione sostenibile) praticamente introvabili. La difficoltà nell’immettere in azienda figure professionali adeguate ai cambiamenti in atto a gennaio 2022 viene segnalata al 41,1% (rispetto al 37,9% regionale), quota superiore di 3 punti rispetto a quella di gennaio 2020 (38,1%). Numeri che colloca la provincia di Pavia in quinta posizione nel ranking per valore più elevato. Le figure più difficili da trovare a inizio anno risultano il personale non qualificato nelle attività industriali e assimilati; gli operai specializzati e i conduttori di impianti nell’industria alimentare; i cuochi, i camerieri e le altre professioni dei servizi turistici; i tecnici dei servizi turistici, culturali e per la sicurezza; i tecnici della sanità, dei servizi sociali e dell’istruzione; gli operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici; gli operatori della cura estetica; i tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione; i progettisti, gli ingegneri e le professioni assimilate.

IL MISMATCH E’ UN PROBLEMA

«Il passo in avanti compiuto con l’Its è fondamentale, necessario ma purtroppo non sufficiente: è evidente che la demografia sempre più penalizzante e la carenza formativa sono un ostacolo insormontabile per lo sviluppo delle nostre imprese. Le aziende, in questo senso, devo essere supportate dal sistema scolastico affinché i profili professionali del futuro siano quelli davvero richiesti dalle aziende» è l’analisi di Grechi e Gallonetto. Senza contare che dovranno affrontare percorsi di up e re-skilling.

«Non possiamo neppure mettere in discussione il valore e l’importanza dell’alternanza scuola-lavoro, sulla quale le recenti tragedie hanno gettato un’ombra – riferisce Grechi – In molti Paesi l’alternanza scuola lavoro funziona perfettamente e anche qui è bene che prosegua, rispettando tutti i canoni di sicurezza previsti dalla normativa».

Grechi è poi convinto che per attirare i giovani le Pmi debbano diventare più attrattive, «agendo sulle loro aspettative, sulla gestione del tempo, sulla possibilità di crescere, viaggiare e coltivare nel tempo libero i propri interessi». Cambiare le imprese per crescere. E su questo Confartigianato Lomellina sta già lavorando.

COSULTA L’OSSERVATORIO COMPLETO