La sostenibilità rappresenta il pilastro di tutte le politiche dell’UE. Si tratta di una strada ormai segnata per il futuro dell’economia europea, che si declina in modo sinergico in tre dimensioni: ambientale, economica e sociale. Di questo devono essere ben consapevoli le Pmi, che non possono trascurare questi temi, ma devono affrontarli in modo mirato per rimanere competitive e andare incontro a una richiesta sempre maggiore di riduzione dei consumi di materie prime e di riciclo.
Spesso, infatti, anche se le normative europee riguardano direttamente le grandi imprese, questi obblighi hanno ripercussioni su tutta la filiera e quindi anche sulle piccole realtà che, in quanto fornitori, devono rispettare i parametri ESG definiti a valle, per essere in linea con requisiti sempre più stringenti.
Di questi temi – e in particolare dell’economia circolare – abbiamo parlato con Edoardo Croci, professore dell’Università Bocconi di Milano, direttore del Sustainable Urban Regeneration (SUR) Lab e coordinatore dell’Osservatorio Green Economy del centro GREEN.
Perché è importante che le Pmi affrontino in modo mirato il tema dell’economia circolare?
Prima di tutto c’è un aspetto di compliance normativa legato al rispetto degli obblighi introdotti dall’Ue. Le Pmi devono essere consapevoli del fatto che ormai quella dell’economia circolare è una strada segnata, da cui non si tornerà indietro (siamo nell’ambito della “E” di ESG). Tutte le politiche europee vanno in questa direzione: dal Circular Economy Package, al Piano d’azione sull’economia circolare fino ad arrivare ai diversi aggiornamenti delle direttive sulla gestione degli imballaggi.
Poi c’è un aspetto legato all’efficienza dei cicli produttivi. In quest’ottica promuovere la circolarità vuol dire adottare un business model incentrato su un minor consumo di materie prime, su una minor produzione di rifiuti e su una progettazione basata sull’ecodesign, che intervenga a monte rendendo più semplice possibile il riciclo dei prodotti. Il tutto senza tralasciare la valorizzazione e la condivisione delle risorse in una logica di efficienza.
La valutazione dei fornitori sulla base dei parametri ESG è ormai un presupposto ineludibile per le aziende di grandi dimensioni. Perché è fondamentale che anche le Pmi siano in linea con questi requisiti?
Aderire ai principi dell’economia circolare e, in genere, adottare un modello produttivo sostenibile, è ormai un requisito fondamentale. Sia le grandi aziende sia la Pubblicazione Amministrazione scelgono infatti i loro fornitori anche sulla base dei parametri ESG. In questo senso puntare sull’economia circolare – e su un approccio che ponga in primo piano lo sviluppo sostenibile – fa realmente la differenza.
Basti pensare che, ad esempio nella PA, il Green Public Procurement ha assunto negli ultimi anni un ruolo sempre più rilevante. Lo stesso discorso vale per la tassonomia europea, che tra i suoi criteri valuta anche le performance in termini di contributo all’economia circolare.
Non affrontare questi temi vuol dire ignorare le trasformazioni dei nostri modelli produttivi e di consumo, dove il tema della sostenibilità è diventato cruciale.
In generale le Pmi sono attente ai temi dell’economia circolare? Quali strategie devono mettere in atto queste aziende per affrontare in modo efficace queste sfide?
L’attenzione su questi temi c’è, ma sicuramente è necessario fare qualcosa di più. Le piccole e medie imprese sono toccate in diversi ambiti dagli sviluppi sull’economia circolare e devono valutarne in modo accurato i costi e le opportunità, ma anche i rischi legati a una mancata tematizzazione di questi aspetti.
Tra gli aspetti più importanti da considerare ci sono ad esempio quelli legati all’accesso ai finanziamenti, ma anche alla formazione. Avere le competenze giuste è infatti uno strumento in più per approcciare l’ambito della sostenibilità in modo adeguato e migliorare la propria competitività. Monica Giambersio