La Fondazione Pavia Città della Formazione è uno degli Its (Istituti Tecnici Superiori) avviati in Italia a partire dall’ottobre del 2011. Si tratta di scuole che promuovono corsi biennali post diploma atti a conseguire il titolo di Tecnico Superiore. L’intento alla base è quello di consegnare al mercato del lavoro figure a elevata professionalità tecnica. A Pavia si è deciso di puntare sul settore edile, anche attraverso un’importante rete di partnership. Una sfida rilevante, e a che punto siamo? Ne abbiamo parlato con il professor Alberto Henin, direttore della Fondazione.
COMPETENZE E SCELTE DI CAMPO
«Attualmente – le sue dichiarazioni – è attivo il biennio 2018-2020, e sono 19 gli studenti iscritti. Le imprese esprimono in maniera chiara l’esigenza di poter valutare, per possibili assunzioni, competenze molto specifiche. Dico sempre ai ragazzi che è importantissimo coltivare la propria passione, perché divenire esperti di un particolare materia, anche di nicchia, rappresenta una ricchezza da poter utilizzare in ogni momento della propria vita».
Nonostante ciò «riscontro invece che oggi i giovani risultano ancora abbastanza disorientati, o non preparati appieno, nel momento in cui sono chiamati a effettuare delle scelte. Per cui, nel valutare come proseguire gli studi, tendono a restare ancora sul generico. Dopo le scuole medie, magari, optano più facilmente per il liceo, così come dopo il diploma si avvicinano più all’università tradizionale che a strade diverse, pur in grado di accorciare il lasso di tempo che passa tra la conclusione degli studi e l’inizio dell’attività professionale».
Una questione anche culturale, che caratterizza l’intero Paese e che parte dalle stesse famiglie: «In effetti si continua a pensare che un laureato possa trovare più facilmente un lavoro e una stabilità. Al tempo stesso, quando si è in possesso di una laurea si ha senza dubbio una preparazione apprezzabile, ma si ambisce anche a posizioni elevate anche a livello di remunerazione. Le aziende, tuttavia, sempre più spesso valutano prima di tutto le specifiche competenze di cui hanno bisogno, e magari si indirizzano verso un tecnico preparato in quello che è il core business dell’impresa, spesso risparmiando qualcosa anche in termini di stipendi. Chiaramente l’ingegnere, ad esempio, dispone di una preparazione vasta, e risulta più facilmente ricollocabile in caso di espansione dell’azienda o di variazioni rilevanti al suo interno. Ma per contro i nostri tecnici superiori sono preparati su casi concreti, hanno un’ottica legata alle problematiche realizzative, di progetto, di impianto e cantiere molto precise e costantemente aggiornate grazie a un continuo rapporto con chi fornisce materiali, soluzioni tecniche e strumenti».
Un aggiornamento, questo, che non nasce sui banchi di scuola ma dall’esperienza diretta. «Siamo valutati dal Ministero dell’Istruzione, dodici mesi dopo il termine del biennio, con riferimento al numero dei nostri diplomati con in mano un contratto di lavoro. Questo vuol dire anche che per noi lo strumento dello stage è determinante per far conoscere i nostri “gioielli” alle aziende potenzialmente interessate». Su duemila ore di corso, ben ottocento sono complessivamente destinate allo stage. «Il rapporto con le imprese è costante e necessario. Con il passare degli anni, facendoci maggiormente conoscere, capita anche che le stesse aziende ci contattino perché in cerca di profili specifici, e noi smistiamo queste richieste».
LA CRISI DELL’EDILIZIA
Il settore delle costruzioni ha patito più di altri la crisi e, innegabilmente, fatica a uscirne: «Nel mondo degli Its – evidenzia Henin – ci sono senza dubbio stati alcuni ambiti indovinati quando sono nate le fondazioni. Penso a meccatronica, moda, biotecnologie e tutto ciò che ruota attorno all’informatica. La nostra fondazione si basa, appunto, sulle costruzioni, comparto che si pensava potesse superare la crisi anche alla luce delle esigenze di riqualificazione energetica e adeguamento sismico degli edifici, ma il rilancio non si è verificato con la facilità sperata, la crisi ha depresso molto il settore. Chiaramente, i nostri diplomati hanno più chance rispetto al semplice diplomato geometra. Ma la speranza è che il settore si vivacizzi di nuovo».
Un altro aspetto: «Laddove la crisi finanziaria ha colpito meno la capacità di investimento di famiglie e imprese, ci sono importanti possibilità. Anche per questo guardiamo con attenzione all’estero. Vero è che gli italiani non sono ancora votati appieno a pensarsi in una prospettiva di mercato europeo, ma noi proviamo a fare la nostra parte attraverso corsi in inglese e stage all’estero. Finora abbiamo sperimentato l’Irlanda, ma stiamo studiando anche un progetto in Spagna, in particolare nell’area di Barcellona».
LE OCCASIONI NON MANCANO, NONOSTANTE TUTTO
Va ricordato, poi, che il settore delle costruzioni non chiama in causa solamente i cantieri, ma comprende anche macchine e materiali: «Spesso non ci pensiamo, ma in Italia esiste una produzione di alto livello su questi fronti, basti pensare alle ceramiche emiliane. I nostri ragazzi sono esperti anche in questi comparti. Ad esempio, in Lomellina abbiamo lavorato negli anni scorsi con la Keraplan di Dorno».
Non solo: «Le competenze tecniche e relazionali che maturano i nostri diplomati tornano utili anche per un’altra figura, quella del consulente commerciale e tecnico, che conosce le linee produttive di macchine e materiali ma anche il mercato estero, e può quindi tenere i contatti con i clienti ed espandere il raggio d’azione. I nostri ragazzi, in Irlanda, non hanno infatti lavorato per ditte legate alle costruzioni ma ai materiali». Quando si fa riferimento al cantiere, oggi più che in passato, occorre guardare a tutte le professionalità che vi gravitano attorno. «E noi – conclude il professor Henin – possiamo essere un alleato prezioso».