Chiarimenti dall’Inps sull’incentivo per i datori di lavoro che assumono, con contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, i beneficiari del Reddito di cittadinanza ai sensi dell’articolo 8 del d.l. n. 4/2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2019. Con la circolare n. 104/2019 l’Istituto fornisce le istruzioni sulle condizioni di fruizione dell’esonero e sulla misura dello stesso.
La disposizione stabilisce che, in caso di assunzione a tempo pieno e indeterminato del beneficiario del Reddito di cittadinanza, il datore di lavoro ha diritto all’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a suo carico e a carico del lavoratore – con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail – nel limite dell’importo mensile della misura spettante al lavoratore all’atto dell’assunzione, con un tetto mensile di 780 euro. L’incentivo è riconosciuto a tutti i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, a condizione che abbiano preliminarmente provveduto a comunicare le disponibilità dei posti vacanti alla piattaforma digitale dedicata alla misura presso l’Anpal.
La durata dell’incentivo varia in funzione del periodo di fruizione del Rdc già goduto dal lavoratore assunto. Nello specifico, la durata dell’incentivo è pari alla differenza tra 18 mensilità e le mensilità già godute dal beneficiario del Rdc fino alla data di assunzione, con un minimo pari a 5 mensilità. Qualora l’assunzione del beneficiario del Rdc riguardi un’attività lavorativa coerente con il percorso formativo seguito in base al Patto di formazione – stipulato dagli enti di formazione accreditati per favorire l’inserimento lavorativo – l’incentivo viene attribuito agli stessi in misura pari alla metà del suo importo, con un tetto mensile di 390 euro. L’altra metà dell’incentivo spetta, invece, al datore di lavoro che assume il beneficiario del Rdc. La durata dell’incentivo segue le regole generali, fatto salvo il periodo minimo di fruizione, stabilito, per questa tipologia di assunzioni, in 6 mensilità, sia per il datore di lavoro che per l’ente di formazione.
Nel caso di licenziamento del lavoratore beneficiario del Rdc nei 36 mesi successivi all’assunzione, il datore di lavoro è tenuto a restituire l’incentivo fruito con l’applicazione delle sanzioni civili calcolate in base al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti percentuali in ragione di anno. La restituzione è esclusa in caso di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo. L’Inps si sofferma anche sugli altri casi in cui è necessario restituire il beneficio, precisando che, secondo quanto disciplinato dall’articolo 8 del D.lgs n. 81/2015, è possibile anche trasformare, su richiesta del lavoratore, il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale e continuare a fruire dell’agevolazione. Rientrano tra queste ipotesi la rimodulazione dell’orario di lavoro per gravi patologie del lavoratore e per congedo parentale.
L’Istituto specifica, inoltre, che la fruizione dell’esonero contributivo è subordinata al rispetto, da un lato, dei principi generali in materia di incentivi all’assunzione, stabiliti dall’articolo 31 del D.lgs n. 150/2015 e, dall’altro, delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro e dell’assicurazione obbligatoria dei lavoratori. I datori di lavoro devono, poi, essere in regola con gli obblighi di assunzione di disabili previsti dall’articolo 3 della legge n. 68/1999, fatta salva l’ipotesi di assunzione di beneficiario di Rdc iscritto alle liste previste dalla stessa legge. In referimento alle assunzioni in somministrazione, si precisa che lo sgravio contributivo spetta anche per quelle a tempo indeterminato e a tempo pieno, ancorché la somministrazione sia resa verso l’utilizzatore nella forma a tempo determinato.