La particolarità è che la mancata partecipazione era da addebitare non alla volontà datoriale, ma ad una espressa scelta da parte dello stesso apprendista, che rivendicava il fatto di aver partecipato ad altre iniziative formative prima dell’accertamento ispettivo.
L’articolo 16, comma 2, della legge n. 196/1997 (norme sull’apprendistato) afferma esplicitamente che le agevolazioni contributive non spettano nel caso di mancata partecipazione degli apprendisti alle iniziative di formazione esterna (120 ore annuali) proposte all’azienda da parte dell’amministrazione pubblica competente. Nella sua interpretazione la Cassazione invita ad una lettura non superficiale: l’art. 16 raccomanda l’adozione di una disciplina organica della materia secondo criteri di valorizzazione dei contenuti formativi e un sistema organico di controlli sulla effettività dell’addestramento e sul reale rapporto tra attività lavorativa e attività formativa (così testualmente la norma).
La verifica circa l’effettività dell’addestramento (che in prima battuta è affidata alla funzione ispettiva del lavoro e degli enti previdenziali) non può quindi limitarsi a valorizzare il dato numerico o solo formale nel caso, ad esempio, di una mancata minima frequenza ai corsi di formazione esterni, in fatto non preclusiva dell’obiettivo formativo. E tale sensibilità deve accompagnare l’interprete anche nella valutazione delle sanzioni, non potendosi pensare a fronte di un giudizio basato sulla effettività si adotti una sanzione formale capace di azzerare per intero le agevolazioni per l’intero rapporto e per l’intero periodo contrattuale agevolato (e non solo per la quota parte annua di riferimento). La stessa lettera della disposizione citata impone di scegliere questo tipo di approccio, dal momento che non è espressamente comminata la decadenza delle agevolazioni contributive per l’intera durata del rapporto, in caso di mancato assolvimento all’obbligo formativo, né è prevista la conversione dell’apprendistato in rapporto di lavoro subordinato.
Dunque, la previsione della decadenza delle agevolazioni contributive prevista dall’articolo 16 può realizzarsi solo quando l’inadempimento abbia una effettiva rilevanza sulla base del concreto andamento dei fatti e determini una totale mancanza di formazione (teorica e pratica), oppure una formazione carente e/o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione. Come si vede, è lasciato al giudice di merito il difficile compito di stabilire, caso per caso, se l’atto abbia raggiunto lo scopo, ossia se la formazione, in qual modo impartita, abbia reso effettivamente utile il contratto di apprendistato e che tale tipo di rapporto non sia stato attivato al solo scopo di eludere l’obbligo contributivo pieno e ottenere i benefici contributivi corrispondenti.
In altre parole, ciò che la Sezione Lavoro raccomanda, è di tener conto della gravità dell’inadempimento, così come accade nel diritto civile in presenza di un rapporto caratterizzato da reciproche obbligazioni: gli inadempimenti di scarsa importanza, o solo formali, non potranno essere ritenuti capaci, da soli, di integrare il mancato adempimento dell’obbligo formativo caratterizzante la ratio dell’apprendistato. Nella stessa ottica deve essere valutata anche la responsabilità del mancato assolvimento dell’obbligo formativo, gravando sul datore di lavoro l’onere di provare di non aver potuto adempiere effettivamente all’obbligo formativo per cause imputabili in via esclusiva all’apprendista o alla struttura esterna che non ha erogato la formazione pattuita.