Tutto da rifare. O quasi. Perché sul Codice Appalti c’è ancora molto a cui mettere mano per arrivare ad una situazione ottimale. Il provvedimento non è infatti riuscito a centrare l’obiettivo prefissato, ovvero favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese al mercato degli appalti.
Per questo Confartigiaanto oggi torna a chiedere la modifica di una legge che, per come è congegnata, rappresenta un’occasione mancata su più fronti. E le ragioni sono presto dette: i procedimenti rimangono lenti e farraginosi, i costi burocratici ed economici per le imprese non sono diminuiti, le procedure di spesa non sono state razionalizzate, territorialità, filiera corta e appalti a chilometro zero rimangono una chimera, le stazioni appaltanti non hanno migliorato efficienza e professionalità. E, a fronte di tutto, resta ancora un miraggio la lotta alla corruzione e ai conflitti di interesse.
Tra i problemi denunciati da Confartigianato vi è anche il sovraffollamento delle gare che di fatto impediscono la partecipazione alle piccole imprese.
Su tutto, poi, un aspetto paradossale: la frettolosa abrogazione della normativa precedente, in assenza delle norme di attuazione del Codice, ha di fatto provocato la paralisi del mercato degli appalti pubblici.
Insomma, le piccole imprese si trovano in una situazione insostenibile. E allora Confartigianato è partita all’attacco, denunciando al Governo e al Parlamento la gravità del problema e chiedendo una serie di modifiche al Codice, a cominciare dalla sospensione della cosiddetta soft law con il ripristino urgente del Regolamento del 2010.
Bisogna fare presto perché il nuovo Codice degli appalti sta mettendo in ginocchio le piccole imprese: proprio l’effetto opposto a quello che doveva ottenere.