Il decreto sugli F-gas varato dal Governo in via preliminare il 16 marzo scorso non ha superato l’esame del Consiglio di Stato che lo ritrasmesso al Ministero dell’Ambiente. All’origine della decisione c’è la necessità di chiarire e modificare aspetti di forma e sostanza legati soprattutto agli adempimenti e ai costi burocratici a carico delle imprese oltre che di controllare la conformità con le norme europee per evitare che l’Italia applichi condizioni peggiorative rispetto al resto del Continente.
La bocciatura del Consiglio di Stato raccoglie il pieno sostegno di Confartigianato che, proprio sulla richiesta di semplificare gli adempimenti economici e burocratici del decreto, ha ingaggiato una lunga battaglia con il Ministero dell’Ambiente.
Quella delle norme sull’uso dei gas fluorurati a effetto serra è infatti una vicenda che si trascina da molti anni e riguarda migliaia di aziende che utilizzano questo tipo di gas: dagli impiantisti agli autoriparatori. Ma anche tutte quelle attività che operano su apparecchiature di uso domestico e industriale contenenti i cosiddetti F-gas: pompe di calore, gruppi frigoriferi, condizionatori d’aria, lavatrici industriali, climatizzatori in abitazioni e su auto.
I gas serra, si sa, sono nocivi per l’ambiente e l’Europa nel 2014 ha emanato un Regolamento per disciplinarne le emissioni. Ma in Italia, come sempre, la burocrazia supera ogni aspettativa.
E ora Confartigianato riparte all’attacco per chiedere al Ministero dell’Ambiente una adeguata semplificazione del decreto che, una volta corretto, dovrà tornare al vaglio del Consiglio di Stato per il sì definitivo e il successivo via libera finale da parte del Governo.