L’allarme arriva da Confartigianato secondo la quale la nuova normativa svizzera non rispetta gli accordi bilaterali con l’Unione europea in materia di riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, di libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi delle imprese. Così è a rischio l’attività di circa 5.000 imprenditori artigiani e di 10.000 dipendenti, provenienti soprattutto da Lombardia e Piemonte, che lavorano oltreconfine.
La nuova legge del Canton Ticino impone anche alle imprese estere di dimostrare l’adempimento dei requisiti stabiliti dalle nuove disposizioni con prove documentali e certificate dalle autorità, pena pesanti multe fino a 50.000 franchi, a partire da agosto. In via transitoria, in alternativa ai requisiti professionali previsti, viene richiesto l’esercizio dell’attività da almeno 5 anni in Svizzera. Inoltre, la richiesta di iscrizione all’Albo per le imprese estere che vogliono fornire una prestazione di servizio per un periodo massimo di 90 giorni all’anno è subordinata, oltre alla dichiarazione preventiva per la verifica delle qualifiche professionali, anche alla produzione di una serie di documenti da parte delle autorità italiane.
Il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, in una lettera inviata ieri al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Sandro Gozi, sollecita l’intervento del Governo italiano nei confronti delle autorità svizzere per far rispettare i diritti di stabilimento e libera prestazione dei servizi delle imprese sanciti dall’Accordo tra l’Unione Europea e la Svizzera del 21 giugno 1999. L’Accordo stabilisce l’applicabilità delle direttive comunitarie sul riconoscimento delle qualifiche professionali anche ai cittadini elvetici e impone, a sua volta, alla Svizzera di applicare ai cittadini UE le procedure stabilite dalla Direttiva Europea 2005/36/CE in materia di stabilimento e di libera prestazione dei servizi delle imprese.