Se domattina, d'improvviso, la provincia di Pavia fosse senza i suoi 15.084 imprenditori artigiani?
L'impatto sulla popolazione sarebbe, tutto sommato, abbastanza contenuto: il 2,8% in meno. Ma gli effetti sarebbero quelli di uno tsunami sull'economia e sulle condizioni di benessere di cittadini e famiglie.
Il valore aggiunto diminuirebbe di 1.924 milioni di euro, pari ad un calo del 14,4%.
Il made in Pavia perderebbe un apporto di 314 milioni di euro.
Considerando senza lavoro gli 11.800 dipendenti dell'artigianato, il numero di disoccupati aumenterebbe del 59,7% ed il tasso di disoccupazione passerebbe dal 7,7% al 13,1% aumentando di 5,4 punti. Rimarrebbero 233.990 abitazioni senza artigiani dell'edilizia e dell'installazione di impianti che intervengano per la manutenzione.
Rimarrebbero inanimati 3.334 impianti fotovoltaici senza una adeguata installazione e manutenzione di artigiani della filiera delle rinnovabili, lo stesso per i 4 impianti eolici nella regione. Nei magazzini delle imprese di produzione e alle porte di negozi ed uffici rimarrebbero 11,2 milioni di tonnellate di merci che non verrebbero più gestite dalle imprese artigiane di autotrasporto.
Vi sarebbero 192.800 famiglie che possiedono almeno un'automobile e, nel complesso, un parco di 332.931 veicoli circolanti senza autoriparatori artigiani a cui rivolgersi per manutenzione e assistenza; ogni giorno aumenterebbe anche la presenza di motocicli, autovetture ed autobus fermi per strada.
Rimarrebbero 235.900 famiglie che possiedono una lavatrice e 146.900 famiglie che possiedono un lettore dvd senza artigiani riparatori di elettrodomestici da chiamare in caso di malfunzionamenti. Sarebbero senza assistenza tecnica anche le 77.000 famiglie che possiedono condizionatori e climatizzatori.
Sarebbero 170.600 le famiglie che non trovano più le botteghe aperte per la riparazione delle biciclette e la sostituzione di pezzi di ricambio. E le 155.200 famiglie che possiedono Personal computer rimarrebbero senza i servizi e la competenza degli artigiani dell’informatica per installazioni, manutenzioni e cablaggi.
Sarebbero 80.200 famiglie che possiedono una antenna parabolica e altre 169.600 famiglie con decoder digitale terrestre a non poter vedere programmi vista la mancanza degli installatori artigiani di antenne.
I 3.242 sposi dei matrimoni celebrati in un anno non potrebbero indossare un abito nuziale realizzato e provato in una sartoria artigiana; nessun fotografo professionista alla cerimonia e il banchetto sarebbe senza la torta nuziale realizzata da una pasticceria artigiana specializzata.
Un disastro della qualità per 283.800 italiani che mangiano dolci almeno qualche volta alla settimana e che vedrebbero sparire pasticcerie, cioccolaterie e gelaterie artigiane.
Per 182.600 cittadini che non pranzano in casa nessun panificio o rosticceria con prodotti artigianali a disposizione.
Per 524.485 cittadini che rimangono dopo la sparizione degli artigiani, sarà ancora possibile, vestirsi, arredare la casa e fare un regalo, ma sparirà la qualità e la perizia degli artigiani, ad esempio, negli articoli di abbigliamento, in pelle e pellicce, nei prodotti in legno e nei mobili, nell'oreficeria, nel vetro e nella ceramica.
Sarebbero 245.285 le donne di oltre 15 anni che non troverebbero acconciatori ed estetisti.
Considerando come potenziali visitatori di beni culturali nella provincia i residenti ed i turisti, sarebbero 745.690 le persone che non potrebbero apprezzare alcun restauro realizzato da artigiani specializzati di monumenti e delle opere d'arte presenti nei 387 musei, aree archeologiche, chiese, palazzi storici e giardini sia pubblici che privati regionali.
Una débâcle anche per il turismo: i 206.121 arrivi turistici non potrebbero né utilizzare servizi erogati dalle imprese artigiane indispensabili per il soggiorno nè accedere alla qualità dei prodotti dell’artigianato.
Questa storia che abbiamo inventato potrebbe, in fondo, avere un lieto fine.
Gli artigiani insegnano un lavoro: la formazione ‘sul campo’ fatta dagli artigiani ai neoassunti vale 25 milioni di euro all'anno, pari all'1,28% del valore aggiunto prodotto dall’artigianato del territorio. Da questa semina quotidiana svolta nelle aziende l'artigianato potrebbe risorgere grazie ai 11.800 dipendenti delle imprese artigiane che diventerebbero, a loro volta imprenditori artigiani, sempre che la burocrazia e la documentata scarsa efficienza dei servizi della Pubblica Amministrazione non uccida questo rinascimento dell'artigianato: tra 34 Paesi avanzati l'Italia è al 31° posto per contesto favorevole a fare impresa secondo la graduatoria della Banca Mondiale Doing Business 2014; tra tutti i 189 Paesi nel mondo l’Italia si posiziona al 65° posto. Al contrario avanziamo all'8° posto per entrate fiscali sul Pil, saliamo al 7° posto per spesa pubblica sul Pil e, addirittura, primeggiamo collocandoci al 3° posto per crescita delle entrate fiscali tra il 2005 e il 2013.
Il lavoro è stato reso possibile grazie collaborazione in 'rete' dell'Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia e l’Ufficio Studi di Confartigianato Vicenza.