Luca Escoffier, project manager del Centro di trasferimento tecnologico euro – giapponese, ha una vasta esperienza nel settore delle imprese tecnologiche, e lavora in Giappone da un tempo sufficiente per darci un aggiornamento fedele su un mercato che seguiamo sempre con interesse, e qualche informazione utile per esportarvi con efficacia.
Luca, in questo momento quali sono i settori in cui ci sono più opportunità di business?
Direi quelli dei servizi IT per le imprese e della digitalizzazione dell’amministrazione e delle grandi aziende in senso più ampio. Ci sono ottime opportunità per aziende innovative che siano disposte a fare degli investimenti mirati.
Va ricordato che, per poter fare efficacemente business in Giappone si deve avere una presenza diretta o una rappresentanza qualificata. Il consumatore/cliente giapponese è infatti molto sofisticato ed esigente. I prodotti e i servizi offerti devono quindi essere non solo di ottima qualità, ma deve essere garantito anche un customer service all’altezza e in lingua giapponese.
Il Covid-19 che tipo di dinamiche economiche e di consumo ha causato nel paese?
Importanti, soprattutto nel settore della ristorazione e hospitality, come è prevedibile. Solo a Tokyo ci sono svariate centinaia di migliaia (sic!) di bar e ristoranti. Con l’arrivo della pandemia tutti gli operatori in questo settore hanno subito e stanno subendo ingenti danni in termini di perdita di ricavi e non si sa se e quando ci sarà una vera e propria ripresa, siamo tutti in attesa.
Quello che si è anche notato recentemente con l’introduzione del work from home nelle aziende è che molte famiglie si sono trasferite fuori dai grandi centri urbani per risparmiare sugli affitti e così anche le aziende hanno deciso in molti casi di ridurre gli spazi perché non sono ora più necessari.
Ci sono prodotti italiani che hanno un particolare successo?
In generale si parla solitamente di prodotti legati all’industria alimentare, dove ci sono stati incrementi significativi nell’ultimo periodo, soprattutto nel settore vinicolo. Ad esempio, nell’ultimo periodo l’Italia è al terzo posto globale per l’export di vino frizzante verso il Giappone, dopo la Francia e la Spagna.
Per il resto, credo ci sia stato un calo di vendite importante nel 2020, soprattutto nei primi mesi in cui abbiamo dovuto convivere con la pandemia.
Qual è il valore percepito dei prodotti italiani?
Il Made in Italy è una garanzia per il consumatore giapponese che è solitamente disposto a pagare un premium price per tutti i prodotti che sono di qualità.
Fashion, food, and furniture credo rimangano sempre i pilastri del nostro export, ma è importante sottolineare che ci sono diversi progetti di carattere industriale in itinere, che dimostrano come l’Italia è apprezzata anche per le proprie risorse tecnologiche e attività di ricerca e sviluppo.
Quali possono essere le modalità efficaci per vendere nel mercato giapponese?
Dalla partecipazione a missioni ad hoc per partecipare a fiere specialistiche, alla possibilità di trascorrere un periodo di tempo in Giappone sondando il mercato e beneficiando di diverse facilitazioni e programmi che permettono di avere spazi temporanei a disposizione per condurre ricerche di mercato e condurre attività di business development, per citarne un paio.
Come detto, è comunque fondamentale capire che il mercato giapponese può essere decisamente foriero di soddisfazioni, ma richiede sicuramente un impegno importante per soddisfare le richieste di una clientela molto esigente e preparata.
Per approfondire:
Per informazioni
Dott. Matteo Campari
Servizio Estero
matteo.campari@artser.it
tel.0332.256.290