Per Roma deve essere il 3 giugno; per la Svizzera, no. Il punto è questo: il Governo italiano ha fissato al 3 giugno l’allentamento dei confini con l’Italia, mentre Berna resiste. Perché se da un lato, a partire dal 15 giugno, i controlli alle frontiere con Austria, Germania e Francia saranno aboliti, dall’altro il rapporto con il nostro Paese resta sospeso.
La consigliera federale Karin Keller-Sutter, ha infatti sottolineato che «l’allentamento avviene a tappe: riprendiamo le nostre libertà progressivamente. Quella italiana è una decisione sovrana che rispettiamo, ma propendiamo – come gli altri Paesi limitrofi – per un’apertura coordinata. Ho concordato con la mia omologa italiana Luciana Lamorgese che rimarremo in contatto e che coordineremo i prossimi passi, informandola inoltre che la Svizzera non riaprirà il 3 giugno». Questa decisione, ovviamente, coinvolte tutti i cantoni della Confederazione e, in particolare modo, il Ticino.
Insomma, la sbarra al confine tra Italia e Svizzera resta ancora abbassata, frontalieri a parte. Una scelta ferma che si traduce, da subito, in un bilancio pesantissimo per le aziende varesine che in Canton Ticino, ma anche verso la Svizzera interna, da sempre svolgono lavori particolarmente apprezzati in fatto di qualità e creatività. E saranno soprattutto le imprese della filiera Casa – edili, impiantisti, imbianchini, posatori… – a soffrire di questa decisione che non solo impone un vincolo agli spostamenti ma anche una discesa dei fatturati.
Confartigianato Imprese Varese si era già interrogata, il 16 maggio, sulla scelta di aprire a Francia, Germania e Austria ma non all’Italia. «Dove sono il Governo italiano e il Ministero degli Esteri? – chiedeva l’Associazione varesina di fronte alla beffa di Berna. Parrebbero inesistenti, a giudicare dal fatto che Paesi come Germania e Francia e Austria si sono tranquillamente accomodati al tavolo della trattativa con la Svizzera e hanno trovato una soluzione senza scomodare la cosiddetta “concertazione Ue”».
E neppure il numero di contagi è una valida ragione per imporre il divieto al libero movimento degli italiani oltreconfine, soprattutto ora che – secondo i dati comunicati – la curva cala gradatamente ogni giorno.
Dall’8 giugno, invece, la Svizzera prenderà di nuovo in considerazione tutte le domande di lavoratori provenienti dagli Stati dell’UE/AELS (Associazione europea di libero scambio). E le imprese rossocrociate potranno nuovamente assumere lavoratori altamente qualificati provenienti da Stati terzi. L’assunzione, però, deve essere nell’interesse pubblico o deve rispondere a un bisogno urgente. Ristabilito l’obbligo, infine, di annunciare i posti di lavoro vacanti a favore delle persone residenti in Svizzera in cerca di lavoro.
E il 6 luglio, infine, il Consiglio federale ristabilirà la libera circolazione delle persone e la libertà di viaggio in tutto lo spazio Schengen.