Bene il 110% ma non limitiamolo ai soli interventi di riqualificazione energetica degli edifici: è fondamentale rafforzare anche l’ecobonus per far ripartire un settore, quello della casa, falcidiato dalla doppia crisi del 2008 e del 2013 e, ora, frenato dall’avanzata della pandemia.
A poche ore (questo è l’auspicio) dal via libera al Dl Rilancio, l’attenzione delle imprese edili e degli impiantisti si concentra su quella che pare una delle novità più rilevanti per il comparto, ovvero l’innalzamento dell’aliquota di detrazione che tanto, in questi anni, ha comunque contribuito a rimettere in moto la macchina del lavoro.
Tuttavia, le indiscrezioni e le bozze circolate nelle ultime ore non soddisfano appieno: dal ritocco, infatti, sembrerebbero esclusi gli interventi singoli, compresi la sostituzione di impianti o componenti tecnologici per il riscaldamento e il rinfrescamento, nonché i serramenti e le schermature solari.
E, poiché il confronto è ancora aperto, si tratta per arrivare a migliorare il provvedimento anche su altri fronti. Nello specifico è lo sconto in fattura a finire ancora una volta nel mirino per le gravissime distorsioni che potrebbe portare al mercato, mettendo le piccole e medie imprese nelle condizioni di dover anticipare in proprio il costo, spesso oneroso, del ribasso, a dispetto delle spese sostenute per il pagamento delle forniture e dei materiali.
E c’è di più: il rischio è un aumento dei prezzi al consumo per permettere l’assorbimento della mancata attualizzazione del contributo riconosciuto ai clienti. Insomma, gli imprenditori del settore ribadiscono il loro no all’enorme paradosso di uno Stato che concede ai cittadini anni di dilazione delle detrazioni e, al contempo, impone alle imprese private di praticare lo sconto immediato.
Aziende sulle barricate anche contro l’eccesso di burocratizzazione delle procedure e di processi di controllo, che rischiano di rendere difficoltoso un processo che, al contrario, deve andare nell’ottica della semplificazione, per incentivare i cittadini a investire sull’immenso patrimonio edilizio nazionale: i numeri riferiscono di circa 13 miliardi di metri quadrati di abitazioni da rimettere in sesto e di una prevalenza di questo genere di immobili anche nei processi di compravendita.
Per questa ragione è fondamentale che il sostegno al settore diventi strutturale o, perlomeno, che proceda fino alla fine del 2022.
Nessuna retromarcia, infine, sulla cessione del credito alle banche purché in assenza di valutazione.
Le imprese puntano sul buonsenso per ripartire. Se possibile, senza il freno a mano tirato.