Contratti domestici e internazionali: l’impatto dell’emergenza e la “clausola di forza maggiore”

contratto“L’emergenza dettata dalla crisi sanitaria in atto impatta fortemente sui contratti in essere, di qualunque natura essi siano, frustrando le volontà delle parti e generando la necessità di approntare rapidamente ogni opportuno rimedio.

Così come il mondo in ogni sua espressione (medica, sociale, politica, amministrativa, legislativa), anche l’ordinamento giuridico ed in particolare il diritto commerciale e dei contratti non era preparato ad uno scenario come quello che si è repentinamente presentato.

Lo strumento principe per affrontare situazioni emergenziali per definizione non ricorrenti, ovvero la clausola cosiddetta di forza maggiore (force majeure o Act of God), perfino dai più lungimiranti redattori di contratti (soprattutto in ambito di contratti internazionali), veniva proposta stancamente e con poca convinzione, e difatti la clausola è sempre stata considerata boilerplate, clausola ricorrente, scritta in gergo commerciale, da riprodurre senza alcuna velleità di effettivo utilizzo.

Comunque, molti contratti, soprattutto internazionali, recano questa clausola sulla forza maggiore, disponendo che il ritardo o l’inadempimento non imputabile non possano creare pregiudizio al soggetto che suo malgrado non riesce a adempiere ovvero adempie parzialmente e/o in ritardo. Ma tantissimi altri, soprattutto in ambito domestico, non ne hanno traccia, avendola i redattori ritenuta motivo inutile di appesantimento, ovvero non essendo magari nemmeno il suo impiego stato considerato.

Eppure in questo frangente avrebbe apportato chiarezza, prevedibilità e guida sicura, come le gomme da neve sulle strade innevate di montagna, mancando le quali i rischi di danno, di ogni tipo, diventano concreti; ciò in un momento nel quale ogni contratto traballa perché il suo elemento costitutivo e fondante, ovvero il sinallagma (una parte esegue una prestazioni se anche le altre eseguono le loro), viene ad essere squilibrato al punto da intaccare la causa stessa del contratto, il suo cuore.

D’altra parte, in ambito internazionale i giuristi di civil law hanno sempre fatto fatica, ad esempio, a comprendere la ratio profonda delle clausole cosiddette di hardship (sorelle minori delle clausole di force majeure), ovvero quelle adibite a trovare soluzioni quando le condizioni contrattuali mutano nel tempo, rendendo più onerosa del previsto la prestazione di una delle parti; esse introducono un obbligo di negoziazione, con annessi poteri equitativi attribuiti al giudice per conservare il contratto, rimodellando l’operazione economica originariamente conclusa dalle parti rispetto ad uno scenario imprevedibile che si è manifestato.

L’imprevedibilità dell’evento straordinario, proprio per il fatto di non essere ricorrente, non è mai stata adeguatamente considerata, con una certa quale diffidenza verso gli strumenti di reazione, privilegiando invece il principio, più rassicurante, dell’immodificabilità degli accordi contrattuali una volta presi.

Venendo, in maniera più prosaica, allo scenario attuale, che ci farà compagnia anche nel medio futuro dal punto di vista dell’impatto sui contratti, esso ci presenta due generi di situazioni, che si accavallano intrecciandosi:

  • la chiusura forzosa ex lege della stragrande maggioranza delle attività produttive e commerciali, in ambiti territoriali e transnazionali più o meno uniformi, con evidentemente i connessi problemi nell’avere la disponibilità del bene o del servizio promesso nel contratto, o quantomeno la non economicità nel procurarselo;
  • la contrazione enorme della domanda e dei flussi in genere, capace di determinare drastiche riduzioni degli incassi e quindi sferzate sulla liquidità ed in genere sulle disponibilità economiche dei contraenti;

Al di là dei (pochi) contratti muniti di opportune clausole ad hoc, la giurisprudenza pregressa non ci viene in aiuto, in assenza di una consimile situazione nel passato. La legislazione interna ed internazionale, quando applicabile (ad esempio la Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di beni mobili – art. 79) è sempre stata applicata in maniera rigorosa e fortemente restrittiva. La decretazione nazionale d’urgenza è ora intervenuta, ma in maniera non esaustiva; inedita la situazione ed altrettanto i rimedi, tutti da esplorare”.

(Contributo a cura dello Studio Legale Longhini – Milano)


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