Secondo la Corte di Cassazione nel caso di crisi di liquidità l’imprenditore deve dare priorità al pagamento dei contributi previdenziali rispetto al pagamento degli stipendi. in quanto fattispecie penalmente rilevante.
Alcune specifiche e comprovate situazioni, che non dipendono dal contribuente, possono far venir meno la punibilità del mancato versamento. Le recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 36278 del 2019, fornisce un interessante esempio degli orientamenti della Suprema Corte.
Con la sentenza n. 36278 la Cassazione cassa con rinvio la decisione della Corte di Appello di Perugia che ha condannato un imprenditore per il mancato versamento dei contributi previdenziali senza essere andata, secondo il giudizio di legittimità, oltre l’innegabile dolo generico proprio dei reati di omissioni contributive. La controversia riguardava l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni corrisposte da una società ai propri lavoratori dipendenti. La violazione sarebbe stata conseguenza di una grave crisi economica e finanziaria legata al fallimento dei clienti più importanti, non di una semplice carenza di liquidità. Il procedimento penale è giunto sin in Cassazione a seguito del ricorso del rappresentante legale dell’azienda fallita contro la sentenza della Corte di appello, che aveva confermato la condanna alla reclusione e al pagamento di una multa.
A parere del ricorrente il giudice d’appello avrebbe errato nel confermare la condanna, per assenza del requisito soggettivo per la configurabilità del reato in parola. La mancanza delle somme necessarie ad assolvere il debito contributivo era indipendente dalla volontà dell’imprenditore che ha cercato di farvi fronte con diversi interventi fra cui la richiesta di concordato preventivo e della messa in disponibilità della sua propria abitazione.
I giudici di Cassazione hanno ritenuto fondati i motivi e accolto il ricorso, dichiarando l’annullamento della sentenza impugnata.