«La fiducia? È il lubrificante del sistema sociale, ma si consuma facilmente». E le imprese artigiane, che «hanno il vantaggio della prossimità», sono un luogo privilegiato per la creazione di fiducia. Concetti espressi da Vittorio Pelligra, PhD, professore associato in economia all’Università di Cagliari, dove ha anche l’incarico di delegato del Rettore per la cooperazione e lo sviluppo del Dipartimento di Economics and Business dell’ateneo e del Berg, Behavioural Economics Research Group, in cui i comportamenti economici vengono studiati attraverso il dialogo con la psicologia cognitiva e le neuroscienze.
Il futuro è davvero perduto?
Da accademici, le nostre domande di ricerca sono: è possibile invertire la tendenza? Come reagire a questa logica tragica? Una risposta è che bisogna avere cura delle radici. È nelle radici che ha luogo il processo di rigenerazione della fiducia e, dunque, della nostra società.
Lei parla di reputazione, reciprocità, gratuità, team thinking, minoranze profetiche, come elementi che le nostre istituzioni dovrebbero avere e come leve per una nuova antropologia. Ma in questo momento è proprio la fiducia uno dei problemi del nostro tempo. Come mai siamo arrivati a questo punto?
Partiamo da una premessa: è la fiducia a rendere migliori le persone. E da un dato fondamentale, che unisce la presenza di un clima di fiducia con quella di un ecosistema nel quale le imprese funzionano meglio, perché dove c’è fiducia ci sono meno complicazioni e meno costi di transazione. La fiducia è quella che un premio Nobel dell’economia, Ken Arrow, chiamava “il lubrificante del sistema sociale”. Perché è vero che il sistema sociale, con le sue regole, con i contratti, con tutti i meccanismi di enforcement, funziona anche senza fiducia, ma è come un motore senza lubrificante, che per un po’ continua a sprigionare potenza ma dopo un po’ si blocca.
È dunque indispensabile per far girare il motore dell’economia?
La fiducia serve a rendere più efficace il funzionamento di questi meccanismi per produrre maggiore crescita, oltre a tutta un’altra serie di performance macroeconomiche e non solo. Perciò è importante preservare questa risorsa. Il problema qual è? Che la fiducia si consuma. Si consuma molto facilmente e si produce molto difficilmente. E quindi dobbiamo interrogarci su quali sono le ragioni e su quali strategie intraprendere per rigenerare questo capitale sociale.
L’economia umana è la risposta?
Innanzitutto, chiediamoci perché distruggiamo fiducia. Perché abbiamo costruito sistemi economici, fatti di organizzazioni, norme e regole, sulla base di un modello antropologicamente sbagliato, quello dell’homo oeconomicus, inteso come un decisore razionale, autointeressato, che persegue solo le sue finalità individuali. È un modello antropologico che ha prodotto regole e istituzioni, che hanno minato alcune delle caratteristiche e risorse di cui hanno bisogno, tra cui la fiducia reciproca, la fiducia tra i cittadini e le istituzioni. E allora da dove dobbiamo ripartire? Da una visione antropologica differente, e più complessa, che è quella che in questi ultimi decenni anche gli economisti, dialogando con la psicologia e l’antropologia, hanno riscoperto in qualche modo. E alla luce di questa visione più complessa di agente economico possiamo pensare a nuove organizzazioni, che siano in qualche modo più rispettose di ciò che noi siamo realmente, dell’essere umano nella sua integrità.
L’impresa artigiana e la piccola impresa, da questo punto di vista, in quanto organizzazioni più a misura d’uomo e più legate ai rapporti interpersonali e spesso familiari, possono rappresentare un modello da cui ripartire, sulla base di queste sue considerazioni sull’economia umana?
Sicuramente. Qual è il vantaggio competitivo di queste imprese? È la prossimità, che significa una relazione più diretta. Uno degli aspetti che maggiormente impatta sulla creazione di fiducia è la possibilità di crearsi una reputazione. Allora in queste imprese artigiane, nelle quali abbiamo interazioni ripetute nel tempo, gli interessi delle parti tendono a convergere anziché trovarsi in conflitto, e questa è una dimensione importante.